La Valle Stura
Un ampio corridoio vallivo che dalle Alpi Occidentali più recondite discende verso la pianura piemontese fino a solleticare la città di Cuneo. Un ambiente eterogeneo dove il respiro dell’uomo si intreccia delicatamente a un paesaggio naturale autentico e suggestivo, nel quale è possibile immergersi grazie a una fitta rete di sentieri, strade e mulattiere che profumano ancora di storia e tradizione. Sospesa tra le Alpi Marittime e le Alpi Cozie, l’Italia e la Francia, la Valle Stura di Demonte sfocia nell’altopiano cuneese per mezzo del Parco fluviale Gesso e Stura, un polmone naturalistico di oltre quattromila ettari che si estende su dieci Comuni, custodendo peculiarità faunistiche e vegetazionali di prim’ordine. Da Cuneo al Colle della Maddalena, insomma, per una varietà paesaggistica che ben si presta a una semplice gita fuoriporta, ma adatto parimenti ad un’immersione di più giorni nel segno dello sport, della natura, della storia e dell’enogastronomia di qualità.
Storia
La Valle Stura, da tempi antichissimi, è importante strada di transito tra il Piemonte e la Francia.
Venne abitata dall’uomo fin dal Neolitico. In questo periodo gruppi di pastori si stabilirono nella media valle utilizzando delle cavità naturali come abitazione, i pascoli per gli animali domestici e la pietra per fabbricare strumenti scheggiati e levigati.
Abitata in epoca preromana dai Liguri Montani, la Valle Stura fu conquistata dai Romani in Età augustea. Il territorio alpino delle Alpi Marittime venne a costituire la provincia detta Alpium Maritimarum, aggregata alla circoscrizione doganale della Quadragesima Galliarum. Dal Colle dell’Argentera la linea di confine della provincia scendeva per la Valle Stura fino allo sbocco presso l’antica cittadina di Pedona (oggi Borgo San Dalmazzo). Già allora il territorio rivestiva una notevole importanza per via dei suoi valichi che garantivano un facile transito verso l’altro lato delle Alpi.
A partire dal V secolo, la valle subì prima le invasioni barbariche e poi, nei secoli IX e X, periodo in cui faceva parte dei possedimenti dell’Abbazia benedettina di Pedona, quelle dei Saraceni.
A partire dall’XI secolo iniziarono a circolare notizie più precise sui Comuni che la costituivano. Di certo sappiamo che nel 998 questo territorio montano faceva parte del feudo del vescovo di Torino, sotto il cui controllo rimase fino al 1150 circa. Per tutto il XII secolo la zona fu posta sotto il dominio del Marchesato di Saluzzo e nel XIII secolo subì la spinta espansionistica del comune di Cuneo, legato agli Angiò, che si impossessarono della circoscrizione da Aisone al colle della Maddalena, unendola alla Provenza nel 1259. Nei secoli successivi, i Savoia tentarono a più riprese di impadronirsi del distretto. Nel 1388, il loro dominio si estese fino al comune di Sambuco. Nel frattempo, con l’annessione della Provenza al regno di Francia, il resto della valle passò sotto il dominio della corona francese.
Nel 1588 i Savoia riuscirono finalmente a entrare in possesso dell’intera vallata. L’ultima porzione di territorio a cadere sotto la spinta savoiarda fu quella attualmente rappresentata dai comuni di Roccasparvera, Gaiola, Moiola e Demonte.
Sotto il dominio Savoiardo la Valle Stura vide passare numerose guerre; particolarmente significativi furono i passaggi delle truppe durante la Guerra di successione austriaca e le campagne napoleoniche.
Con la fine del XVI secolo, al fine di contenere un’ipotetica avanzata nemica, Carlo Emanuele I di Savoia fece costruire sul terrazzo roccioso collinare detto “il Podio” il Forte della Consolata, adiacente l’abitato di Demonte. Il Forte venne “modernizzato” nel secolo successivo e subì un solo assedio nell’estate del 1744 durante la Guerra di successione d’Austria.
Nel XVII secolo questo territorio di confine continuò a subire il passaggio di eserciti: in due anni consecutivi Vittorio Amedeo II di Savoia assalì il Delfinato francese con un esercito di circa 30 mila uomini; l’esercito comandato dal Marchese di Parella, nella sua avanzata superò l’abitato di Vinadio e si accampò a Sambuco il 26 luglio 1692. Tutti i comuni furono obbligati a sostenere il contingente militare con continue somministrazioni di fieno e di vettovaglie e ciò comportò l’imposizione di gravose tasse alla già misera popolazione. Anche gli anni successivi furono anni di continui saccheggi e devastazioni che cessarono solamente con la pace di Rijswijk del 20 settembre 1697.
Il 22 maggio 1708 in Valle Stura scesero colonne nemiche che nell’estate si scontrarono con una controffensiva guidata dal Conte di Thun. Lo scenario della battaglia fu Vinadio e nello scontro, oltre ai soldati, persero la vita anche civili, donne e bambini. Nel 1744, durante la guerra di successione austriaca, l’esercito dei gallo-spagnoli, nemici dei piemontesi e degli austriaci, nella loro avanzata verso l’Austria, travolsero ogni resistenza cingendo d’assedio la roccaforte di Demonte. Gli invasori il 9 agosto aprirono una trincea e per nove giorni gli scontri furono continui. I gallo-ispani si trovarono ben presto di fronte alla città fortificata di Cuneo. Il 15 settembre iniziò l’Assedio di Cuneo che si concluse il 21 ottobre 1944 con la ritirata degli invasori.
Nel XIX secolo venne costruito a Vinadio un imponente sbarramento costituito dal Forte Albertino e da altri forti sulle alture circostanti. La costruzione fu progettata nel 1830; i lavori, che videro impegnate fino a 4000 persone, iniziarono nel 1834 e si conclusero nel 1847. Nonostante un’interruzione di due anni, tra il 1837 e il 1839, in soli undici anni si realizzò un vero capolavoro dell’ingegneria e della tecnica militare. Per mutate esigenze politiche e strategiche il forte non fu mai utilizzato per scopi militari. L’imponente opera è tuttora un monumento storico che caratterizza la Valle e l’arco alpino occidentale ed è diventato oggi un luogo per spettacoli, eventi e mostre.
Nel corso del XIX secolo la Valle Stura è stata ancora teatro di passaggi militari e scontri bellici di confine ma con il passare del tempo essa divenne sempre più meta di pacifiche “invasioni” di escursionisti, scrittori, studiosi, artisti, amanti delle scienze e dei viaggi. Il Settecento fu infatti il secolo in cui i “touristes” giungevano sulle Alpi per il Grand Tour, il lungo viaggio che vedeva come protagonisti i ricchi giovani dell’aristocrazia europea che volevano ampliare le loro conoscenze di geografia, antropologia, politica ed arte. Una presenza molto importante in valle Stura era quella dei reali Savoia. Una parte della Riserva Reale di caccia, che faceva capo alla Valle Gesso, si estendeva anche ad alcuni comuni della valle Stura, quali Aisone, Vinadio, Demonte, Sambuco e Pietraporzio.
Durante il periodo fascista in valle furono costruite due linee difensive: una alle Barricate, al confine tra i comuni di Argentera e Pietraporzio, l’altra sul restringimento della valle a monte di Moiola. Queste opere non vennero mai utilizzate per gli scopi militari a cui erano destinati. Il 10 giugno 1940, quando Mussolini dichiarò guerra alla Francia, la valle Stura si trovò sulla prima linea di fuoco di conflitto. La cosiddetta “direttrice della Maddalena” era una delle linee di penetrazione più importanti previste dall’offensiva. La valle Stura fin dal settembre 1943 diventò la culla della Resistenza Italiana e della lotta di Liberazione nazionale. Il 12 settembre 1943 a Madonna del Colletto si formò il primo nucleo di partigiani di cui facevano parte Duccio Galimberti, Dante Livio Bianco, Arturo Felici, Dino Giacosa, Ettore Rosa, Leandro Scamuzzi, Edoardo Soria, Ildebrando Vivanti ed Ezio Aceto. Il 20 settembre 1943 i partigiani di Madonna del Colletto si spostarono nella borgata Paraloup, nel vallone di Rittana, che divenne presto il centro di importanti operazioni partigiane. L’11 febbraio salì a Paraloup Nuto Revelli. Da quel momento e fino alla Liberazione dell’aprile 1945 la valle Stura fu in continuo stato di guerra e la popolazione civile della valle assunse un ruolo fondamentale, coraggioso ed eroico. Questo ruolo della popolazione locale fu determinante per contribuire alla conquista della libertà e della pace che suggellò la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Negli anni Sessanta e Settanta la Valle Stura, come altri territori montani, visse il fenomeno dello spopolamento: le montagne, che per secoli avevano garantito agli abitanti un’economia di autosostentamento e di dignità, vennero abbandonate e ci fu la dispersione di molte famiglie di montanari verso diverse destinazioni di migrazione. Solo alcune realtà del fondovalle, come Demonte e Borgo San Dalmazzo, riuscirono a porsi come barriera al fenomeno di abbandono della valle, grazie all’insediamento di alcune attività produttiva di piccole e medie dimensioni. Tuttavia, mentre i montanari abbandonavano le loro case e borgate, il territorio vedeva un aumento della presenza di turisti.
Negli ultimi decenni si è potuto assistere ad una ripresa di quei settori che da sempre hanno caratterizzato l’economia montana: l’agricoltura, l’allevamento e la pastorizia. Parallelamente si sono sviluppate interessanti realtà museali volte a far conoscere e a preservare le antiche tradizioni come il centro multimediale Montagna in Movimento a Vinadio e l’Ecomuseo della Pastorizia di Pontebernardo.